il programma di Erlangen
Il programma di Erlangen
Questo è il testo del poster che qui si può vedere.
Una geometria, tante geometrie
Quando due figure (ad esempio, due figure piane) sono “uguali”? Sembra una domanda “innocente”, ma basta provare a rispondere per accorgersi che la questione non è affatto banale. E non è difficile immaginare situazioni in cui bisogna dare – sembra quasi un gioco di parole! – un significato diverso alla parola “uguali”.
Chi sta commissionando a un falegname i pezzi per un gioco a incastro deve sapere se il pezzo di legno da cui verranno tagliati è verniciato su una delle due facce oppure se è identico sui due lati. Nel primo caso la figura rossa e quella blu qui a fianco sono da considerarsi diverse, nel secondo caso uguali.
Vi sono situazioni in cui ad importare è solo la forma della figura (i quadrati disegnati da un professore alla lavagna non sono mai uguali a quelli sui quaderni dei suoi studenti, ma nessuno sembra accorgersene e tutti parlano di diagonale DEL quadrato…), ma anche situazioni in cui bisogna che le due figure siano disposte allo stesso modo rispetto a un comune riferimento (la scrittura è un bell’esempio: una lettera non può essere rigirata!).
Tuttavia ciò non significa che sia completamente arbitraria la maniera con cui si decide il significato da attribuire alla parola “uguali”: può cambiare il criterio di confronto, ma non cambiano le “regole” che lo governano.
In un certo senso fu Felix Klein, nel 1872, a portare all’evidenza come si può costruire una buona definizione di “uguaglianza di figure” .
Lo fece nella relazione in cui, dovendo, come nuovo docente dell’Università di Erlangen, presentare il programma scientifico a cui si sarebbe ispirato per gli anni a venire, riuscì a mettere insieme “i diversi filoni di ricerca allora esistenti in Geometria, creando un sistema da cui emergeva una panoramica di numerosi e nuovi problemi che si prestavano ad ulteriori sviluppi”. Una tappa fondamentale nella storia della matematica moderna!
La chiave per mettere ordine fra i risultati che affollavano i libri di Geometria fu quella di intendere la geometria stessa come lo studio delle proprietà delle figure che non cambiano sotto l’azione di un “gruppo di trasformazioni”. Non c’è allora una sola geometria, ma ce ne sono molte: fissare una di queste geometrie significa decidere quali sono le trasformazioni “lecite” con le quali si può passare da una figura data ad un’altra che le sia “uguale”, cioè decidere quali sono gli “occhiali” con cui guardare.
Per il falegname di poco sopra le trasformazioni “lecite” sono tutte le isometrie se le due facce del pezzo di legno sono uguali, mentre sono solo le isometrie dirette (rotazioni e traslazioni o, detto in altro modo, quelle che non scambiano destra e sinistra) se una sola delle due facce è verniciata. Invece, nel caso della scrittura, gli occhiali sono solo quelli delle traslazioni.
Non basta. Alcuni programmi al pc permettono di prendere un’immagine e di “stiracchiarla” usando due numeri: uno precisa lo “stiracchiamento” in orizzontale e l’altro in verticale. Se i due numeri sono uguali, la forma della figura non cambia e anche nel linguaggio comune si dice che le due figure sono uguali per similitudine; in generale, se i due numeri possono anche essere differenti, le due figure sono uguali per affinità.
È davvero difficile dire che cosa è rimasto “uguale” fra due figure affini, ma ci sono modi ancora più generali di ritenere uguali due oggetti. Sono quelli legati alle proiettività, che regolano la geometria della visione: per essi, un cerchio e un’ellisse – ma anche un cerchio e una parabola – sono uguali in quanto possono essere due fotografie, da punti di vista diversi, dello stesso oggetto.
E poi … ci sono gli occhiali della topologia: e, con questi, un bombolone è “uguale” a una tazzina da caffè.